Gilteritinib aumenta la sopravvivenza e le probabilità di ottenere una remissione rispetto alla chemioterapia nei pazienti affetti da AML con mutazione del gene FLT3 recidivata o refrattaria
Articolo originale: Perl AE, et al. Gilteritinib or Chemotherapy for Relapsed or Refractory FLT3-Mutated AML. N Engl J Med 2019;381:1728-1740
Circa il 30% dei pazienti adulti con nuova diagnosi di leucemia mieloide acuta (LAM) sono positivi per la mutazione di FMS-like tirosina chinasi 3 (FLT3) che conferisce una prognosi sfavorevole dovuta ad un aumentato rischio di recidiva. Recentemente lo scenario terapeutico si è arricchito con gli inibitori di FLT3. Ad oggi midostaurina è stata approvata solo nei pazienti in prima linea in associazione a chemioterapia basata su daunorubicina e citarabina (1). Nei pazienti recidivati/refrattari né midostaurina, né lestaurtinib hanno dimostrato un significativo beneficio clinico (2-3). Quizartinib e sorafenib hanno dimostrato una potenziale efficacia, ma di breve durata (4-5). In questo contesto, sono molto rilevanti i risultati recentemente pubblicati su N Engl J Med dello studio multicentrico di fase 3 randomizzato ADMIRAL, che confronta gilteritinib e chemioterapia standard di salvataggio (6). In questo studio pazienti adulti affetti da LAM FLT3 positiva recidivata o refrattaria venivano randomizzati in un rapporto 2:1 a ricevere gilteritinib alla dose di 120 mg/die per via orale vs chemioterapia di salvataggio (247 pazienti sono stati assegnati al gruppo gilteritinib, mentre 124 alla chemioterapia standard).
Con un follow-up mediano di 17,8 mesi, la sopravvivenza globale (OS) è risultata significativamente maggiore per il gruppo gilteritinib rispetto al gruppo chemioterapia (9.3 mesi vs 5,6 mesi, p<0.001) con una riduzione di mortalità del 36% a favore del gruppo gilteritinib (hazard ratio [HR] 0.64; 95% CI 0.49-0.83, p<0.001). La percentuale di pazienti che ottenevano una risposta completa (RC) o una RC con incompleto recupero ematologico era pari al 34% nel gruppo gilteritinib rispetto al 15.3% del gruppo chemioterapia. Il trattamento con gilteritinib aumentava anche la probabilità di poter ricevere un consolidamento di tipo trapiantologico (25.5% gilteritinib vs 15.3% chemioterapia).
Infine, il vantaggio di gilteritinib vs standard chemioterapia si confermava nelle analisi per sottogruppi di pazienti, tra cui quelle basate sulla presenza di mutazione FLT3 ITD o TKD o di co-mutazioni di geni come NPM1 e DNMT3A. Globalmente il trattamento con gilteritinib è stato ben tollerato e la frequenza di eventi avversi di grado 3 è stato meno frequente rispetto al gruppo che ha ricevuto chemioterapia. Il principale evento avverso non ematologico di grado ≥3 nei pazienti in terapia con gilteritinib è stato un rialzo delle transaminasi in circa il 15% dei casi. In questo studio 11% dei pazienti ha discontinuato il farmaco per tossicità.
I risultati di questo studio dimostrano la potenziale efficacia degli inibitori di FLT3 nel trattamento delle LMA FLT3 mutate. Nei prossimi anni, questi farmaci rappresenteranno una nuova opzione di trattamento non solo per il trattamento delle recidive, ma anche come parte integrante dei programmi di trattamento chemioterapici standard e come terapie di mantenimento per ridurre il rischio di recidiva ed aumentare le probabilità di cura della malattia.
Bibliografia
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- Perl A.E. et al. N Engl J Med 2019;381:1728-1740