In base all’attuale classificazione WHO, la leucemia acuta mieloide secondaria (sAML) è definibile in base alla sua occorrenza successiva ad altra malattia ematologica (tipicamente una sindrome mielodisplastica o mieloproliferativa), oppure per specifici criteri citomorfologici e/o citogenetici anche in assenza di una storia clinica suggestiva (1). Tuttavia, particolarmente per i casi con storia clinica non ben documentata o cariotipo normale, il corretto inquadramento diagnostico di questi pazienti può risultare difficile, con potenziali risvolti rispetto alla scelta terapeutica. Infatti, i pazienti con sAML rappresentano una popolazione ad alto rischio clinico tipicamente resistente alla chemioterapia convenzionale (2), e necessitano di un approccio comprendente trattamenti innovativi e/o arruolamento in trial clinici, con successivo consolidamento allotrapiantologico (3,4).
In questo contesto, lo strumento aggiuntivo della caratterizzazione molecolare tramite Next Generation Sequencing (NGS) potrebbe risultare utile per migliorare l’approccio diagnostico nei pazienti con leucemia acuta mieloide (AML). Studi recenti hanno infatti dimostrato come un gruppo di mutazioni occorrenti in geni deputati alla regolazione della cromatina e dei meccanismi di splicing sia altamente specifico per la diagnosi di sAML (5). Tuttavia, una signature mutazionale molto simile (mutazioni chromatin-spliceosome, o CS) è stata anche riportata in un’ampia casistica di pazienti con AML clinicamente definibile come de novo (6), ed è ipotizzabile che la presenza di tali mutazioni rappresenti la traccia molecolare di una precedente fase mielodisplastica non riconosciuta (7).
Lo scopo del presente studio (8) è stato dunque quello di testare se la presenza di mutazioni del gruppo CS potesse meglio descrivere caratteristiche e outcome clinici dei pazienti con AML de novo attraverso un confronto formale con pazienti con sAML definiti dai criteri standard; a questo scopo è stata analizzata una coorte prospettica di pazienti con AML di nuova diagnosi arruolati in uno studio clinico randomizzato (NILG AML 02/06, ClinicalTrials.gov Identifier: NCT00495287) e provvisti di accurata caratterizzazione citogenetica e molecolare.
Lo studio NILG 02/06 ha randomizzato un totale di 574 pazienti con AML all’esordio a ricevere chemioterapia di induzione (standard vs alte dosi) seguita da consolidamento chemioterapico e/o allotrapiantologico in base alla stratificazione del rischio prevista dallo studio (9). Nella presente analisi sono stati considerati solo i pazienti provvisti di indagine cariotipica informativa (n=413). Inoltre, sono state eseguite indagini molecolari standard (PCR, Sanger sequencing e analisi di frammenti) per la ricerca di mutazioni dei geni NPM1, CEBPa, FLT3, KMT2A-PTD e delle traslocazioni RUNX1-RUNX1T1 e CBFb-MYH11. Infine, in 196 pazienti a cariotipo normale è stato eseguito NGS tramite due diversi kit per l’investigazione selettiva di 54 e 30 regioni geniche, rispettivamente. I pazienti con sAML sono stati definiti in base alla precedente storia clinica di MDS e/o MPN o ai criteri citogenetici WHO. La categoria CS-AML ha incluso pazienti con AML clinicamente definita come de novo, in base all’identificazione di mutazioni in almeno uno fra i geni ASXL1, STAG2, BCOR, EZH2, PHF6, SRSF2, SF3B1, U2AF1, ZRSR2, RUNX1 e KMT2A-PTD (6), esclusi i casi con concorrenti anomalie genetiche ricorrenti WHO. I rimanenti pazienti non rispondenti ai criteri di sAML o CS-AML sono stati definiti come AML de novo.
In base ai criteri classificativi illustrati, nella popolazione in esame sono stati identificati 55 pazienti con CS-AML (13,3% dell’intera coorte, 17,6% dei pazienti clinicamente definiti come AML de novo), 100 pazienti con sAML (24,2%) e 258 pazienti con AML de novo (62,5%). Le caratteristiche cliniche dei pazienti con CS-AML alla diagnosi sono risultate più simili a quelle dei pazienti con sAML che a quelle dei pazienti con AML de novo [in termini di età più avanzata (P<0,0001), minore numero di globuli bianchi totali (P<0,0001) e più frequente displasia multilineare all’esame citomorfologico (P=0,0051)]. Con un follow-up mediano di 4,9 anni, i pazienti CS-AML hanno raggiunto una sopravvivenza globale e libera da malattia significativamente inferiore rispetto ai pazienti con AML de novo e molto più simile a quella dei pazienti con sAML (overall survival, 30% nei pazienti CS-AML e 17% nei sAML vs 61% nei pazienti con AML de novo, P<0.0001; disease free survival, 26% nei pazienti CS-AML e 22% nei sAML vs 54% nei pazienti con AML de novo, P<0,001). L’impatto negativo delle mutazioni CS sulla sopravvivenza è anche stato confermato in analisi multivariata [sopravvivenza globale: HR 2,2 (95% CI 1,48-3,25), P=0,0001; sopravvivenza libera da malattia: HR 1,89 (95% CI 1,27-2,81), P=0,0018]. Il trapianto allogenico effettuato in prima remissione completa ha conferito un vantaggio di sopravvivenza a 5 anni in ciascuna categoria di pazienti, ma particolarmente nei pazienti con CS-AML (sopravvivenza 48% vs 24%, P=0,07) e sAML (38% vs 8%, P=0,0001).
La presente analisi mostra come i pazienti con AML clinicamente definibile come de novo, ma caratterizzata da mutazioni CS rappresentino una proporzione importante dei pazienti con AML; questi hanno una sopravvivenza nettamente inferiore rispetto agli altri pazienti con AML de novo, con caratteristiche cliniche e di outcome più accostabili a quelle dei pazienti con sAML che a quelle dei pazienti con AML de novo. Tale risultato sottolinea l’importanza di identificare questo gruppo molecolare per una migliore caratterizzazione prognostica dei pazienti con AML e per affinare la decisione terapeutica, in particolare per quanto riguarda il consolidamento allotrapiantologico.
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